Oltre la dimensione urbana e fisica per spazio pubblico si intende generalmente il luogo simbolico delle libertà civili: libertà di manifestazione, di parola e d’espressione. Questo luogo simbolico è regolato da leggi, è l’area che comprende le libertà democratiche che consentono di regolare i conflitti sociali e politici ed il confronto con i poteri riconosciuti. Spazio pubblico è quindi una competenza che tiene al centro le scienze umane e sociali. Jurgen Habermas descrive il processo nel corso del quale il pubblico, costituito da individui che usano la ragione, s’appropria della sfera pubblica controllata dall’autorità e la trasforma in una sfera dove la critica si esercita contro il potere dello Stato.
Questo processo nasce nel XVIII secolo in Inghilterra, nel periodo di sviluppo urbanistico delle città e della contemporanea definizione della nozione di spazio privato da parte della borghesia urbana che emergeva in quel momento storico.
Habermas illustra inoltre come le riunioni, nei club e nei caffè, hanno contribuito alla moltiplicazione delle discussioni e dei dibattiti politici anche attraverso l’uso dei media dell’epoca, come giornali e riviste. Nel suo ideale di illuminismo dava un’interpretazione al concetto di pubblicità, nel senso di ampia diffusione delle informazioni e degli argomenti di dibattito attraverso i mass media. È un elemento centrale della teoria di Habermas. Egli affermava che la pubblicità deve essere intesa come dimensione costitutiva dello spazio pubblico e come principio di controllo del potere politico, perché l’opinione pubblica diventa visibile solo attraverso la sua pubblicizzazione.
Hannah Arendt, affascinata dall’ideale greco dell’agorà, pensava che lo spazio pubblico fosse stato usurpato dall’irrompere sulla scena politica dei problemi sociali del lavoro e dei bisogni, che ciò comportasse la riduzione degli esseri umani a essere un riflesso degli automatismi della produzione e del consumo, sottraendo loro l’opportunità di dibattere e agire politicamente. Nel suo libro Vita Activa, individua le tre condizioni dell’esistenza: il lavoro che assicura la sopravvivenza, la produzione che genera il mondo concreto in cui viviamo e lo spazio pubblico in cui gli individui interagiscono mediante la discussione cui segue l’azione come conseguenza prevalente. In questa dimensione lo spazio pubblico ha il significato politico di azione collettiva, può assumere anche l’aspetto della disobbedienza civile, come emerge in alcuni scritti nei quali la Arendt sostiene il dovere politico alla partecipazione come fondamentale espressione di libertà.
Per Zygmunt Bauman esiste nella società moderna un crescente divario tra la condizione de jure (del diritto) e la condizione de facto (del fatto) degli individui. “Tale divario si è creato ed ampliato a causa dello svuotamento dello spazio pubblico ed in particolare dell’agorà, luogo intermedio, pubblico/privato, dove la politica della vita incontra la Politica con la P maiuscola”.
Tra Arendt, Habermas, Bauman s’intravvede un filo comune che denota una nostalgia per lo spazio pubblico classico, quello nel quale i cittadini si radunavano per discutere dei fatti riguardanti la città secondo un ideale di vita politica basta sul dialogo e l’argomentazione.
Nel suo libro Il nuovo spazio pubblico Daniel Innerarity si domanda se è possibile ridefinire percorsi di democrazia nei quali la sfera pubblica sia intesa come luogo di riflessione, sull’interesse collettivo e non già come somma complessa d’interessi particolari, dove la politica abbia preminenza sull’economia e la comunicazione libera sovrasti la comunicazione commerciale. È possibile ripensare lo spazio pubblico come occasione per generare una nuova cultura politica, capace di vedere a lungo termine, ridefinire le responsabilità dei singoli e ciò che è comune, partendo dalle differenze e dalla complessità delle società attuale? Una difficoltà nel definire lo spazio pubblico contemporaneo sta nell’indebolimento di ciò che può essere identificato come comune. I sistemi sociali contemporanei sono più complessi che in passato, non possono definire ciò che è comune in termini definitivi e indiscutibili, tanto più in presenza di una grande pluralità di identità sociali e culturali. Le identità, secondo Innerarity, dovranno essere intese come realtà flessibili, non dovranno chiudersi in se stesse, ma valorizzare le singole culture nell’incontro, nella traduzione, nella narrazione, a coloro che sono altro da noi. Lo spazio pubblico contemporaneo non può essere inteso come omogeneo e fondato sul consenso, secondo un’idea antica di comunità, ma va visto come qualcosa di plurale e di incompiuto, caratterizzato da differenze interne e contraddizioni, rispettoso della complessità delle nostre società. Innerarity affermava che “l’agire politico è inscindibile dalla formazione di una comunità, di un vincolo umano dotato di senso, ed è questo un aspetto che implica necessariamente il rifiuto di ogni esercizio di dominazione o di neutralizzazione della pluralità. La sua ambizione più legittima consiste nel promuovere un immaginario positivo del vivere insieme che sia capace di rafforzarsi continuamente attraverso la prospettiva di un agire comune”. A tale scopo può contribuire la democrazia deliberativa, teoria fondamentale per Habermas e concettualmente riscontrabile negli scritti di Hannah Arendth. Essa mira a definire luoghi dove costruire in comune orizzonti sociali che prendano atto delle differenze d’interessi, ma al contempo non siano esclusivamente la negoziazione degli stessi. Il potere si potrà configurare come cooperativo, sottratto ai meccanismi di controllo statale autoritario e potrà funzionare con i meccanismi propri dei sistemi complessi, dinamici, flessibili, tendenzialmente autoregolanti. Questo concetto potrebbe essere applicato ai giorni nostri. Le istituzioni, attraverso il decentramento amministrativo e la democrazia diretta, garantirebbero la cooperazione tra loro e gli studi di progettazione associati. Quest’ultimi, applicherebbero metodologie di lavoro di gruppo, notoriamente più complesse, coinvolgendo professionisti di varie discipline, che garantirebbero un risultato efficace e di qualità.
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