Riportiamo due definizioni da vocabolari differenti, per ricavarne, dal significato letterale, le analogie:
Progetto: piano relativo a un lavoro da eseguire, elaborato in base a criteri di fattibilità.
Progetto: 1 Piano di lavoro, ordinato, particolareggiato per eseguire qualcosa. 2 Idea, proposito, bizzarro o difficilmente attuabile.
In termini concettuali il progetto è un’attività delimitata nel tempo (con una data di partenza e una di completamento) diretta a creare dei prodotti e/o servizi e/o risultati specifici che comportano dei benefici o del valore aggiunto al committente. Il termine deriva dal latino proiectum, participio passato del verbo proicere, letteralmente traducibile con gettare avanti; il che spiega anche l’assonanza etimologica dei verbi italiani proiettare e progettare.
Normalmente un progetto, inteso come complesso di attività interdipendenti, prevede:
obiettivi specifici, ragionevolmente raggiungibili ed eventualmente interconnessi con altri obiettivi o progetti;
vincoli temporali per il suo completamento;
vincoli economici per il suo sviluppo;
un insieme di risorse umane e strumentali assegnate e adeguate alle difficoltà del progetto;
una organizzazione interna nella strutturazione della dirigenza con una chiara assegnazione dei ruoli e della divisione dei compiti;
oggetti e/o servizi da rilasciare ben definiti e descritti in documenti come i contratti;
articolazioni del progetto in fasi (es: progettazione, esecuzione, test) in cui sono definite le interfacce, i vincoli esterni (che dipendono da eventi non controllabili internamente al progetto e dalle condizioni del contesto) e le responsabilità;
una pianificazione che definisca:
le interdipendenze tra le attività del progetto;
uno studio volto al raggiungimento di un buon livello del dettaglio delle attività da svolgere;
dei soggetti che controllano l’avanzamento del progetto rispetto agli obiettivi, sia in termini di tempo, di coerenza qualitativa che di costo.
I progetti più critici e importanti di solito prevedono anche:
un piano dei rischi;
un piano della qualità (che definisce le strategie e i criteri per assicurare l’aderenza dei prodotti/servizi rilasciati ai requisiti stabiliti).
Fattori di successo di un progetto
Nel caso che gli obiettivi assegnati siano impegnativi o critici, per garantire il successo del progetto è necessario disporre di risorse umane adeguate in termini qualitativi e quantitativi, tecnici e finanziari e di chiarezza riguardo ai seguenti aspetti: contesto e settore (edilizia, informatica...) a cui si riferisce il progetto; obiettivi (requisiti e prestazioni dei prodotti e/o servizi conseguenti al progetto); responsabilità (intesa come distribuzione dei compiti); tempo (inizio, durata, consegna);
costo (prestabilito); qualità (intesa come aderenza ai requisiti ed alle prestazioni richieste).
Sulla metodologia progettuale ci sono diversi testi pubblicati che ho consultato, rivolti soprattutto ai progettisti tecnici. Possiamo applicarne alcuni al design, cioè a quel tipo di progettazione che considera anche la componente estetica del progetto. Nel libro “Da cosa nasce cosa” Bruno Munari parla delle metodologie di progettazione e definisce il designer una figura “leonardesca”, un ricercatore curioso, uno sperimentatore, un inventore di soluzioni. Cita una frase di Bruce Archer “Il problema di design nasce da un bisogno”.
Bruno Munari
Possiamo anche collegarci a Tomàs Maldonado quando riporta lo “stato di bisogno” e “l’oggetto di bisogno”, sembra chiaro che il punto di vista con il quale il disegnatore percepirà il problema di progettazione, cioè i soggetti di cui tener conto durante la progettazione, determineranno il livello di interferenza sociale del prodotto o del servizio. In altre parole, quando il disegnatore osserva il problema in quanto prodotto che soddisfa un bisogno oppure quando il progettista considera il problema sotto la lente di una necessità da soddisfare. Ciò vuol dire che, nel caso della progettazione visiva negli spazi pubblici, dobbiamo intervenire risolvendo i problemi e soddisfare le necessità del committente. Inoltre dovremmo rispondere anche ai bisogni di tutta la comunità coinvolta a ricevere i nostri servizi, ed essere così competenti da progettare delle informazioni visive garantendone la comprensibilità e la funzionalità. La risoluzione di tali problemi, migliora la qualità della vita. Rintracciare dei testi recenti sulle problematiche della progettazione grafica, nell’Italia di oggi, non è semplice. Nonostante ce ne sia la necessità, è facile constatare che, sulla ricerca e la qualità delle produzioni nel settore della comunicazione visiva, siamo fermi agli anni settanta. Bruno Munari, nel libro in esame, affermava che una delle principali cause dell’inefficienza del design è la mancanza di adeguati elementi di connessione tra problema (P) e soluzione (S).
Affermava inoltre che l’idea non può essere il solo ed unico elemento da considerare, ma che il processo che porta a trovare la soluzione ad un problema è più complesso ed elaborato.
I due schemi riportati sono tratti dal libro sopracitato e spiegano il metodo di progettazione proposto da Munari. Dopo aver individuato il problema, per arrivare ad una soluzione adeguata, bisogna affrontare una fase di metaprogetto, cioè suddividere il problema in sotto problemi, raccogliere dati e, dopo averli analizzati, generare delle opportunità e dei limiti che vincoleranno il progetto del prodotto o del servizio.
Ha senso avere uno schema prestabilito da seguire, per lo sviluppo di un progetto, se ogni caso è differente? Prima di tutto bisogna rivedere come il progettista affronta un problema. Nel caso dello schema messo a punto da Bruno Munari, si presenta la condizione, quella solita, del progettista che analizza il problema da solo. Lo suddivide in sottoproblemi, definendone le componenti e le attività da svolgere per risolverlo. Solo nel momento della raccolta e analisi dei dati si chiede se: “c’è qualche altra persona che lo ha già fatto?” e “come lo ha fatto?”
Il progettista si concentra principalmente sulla ricerca della soluzione e le sue variabili, mentre trascura la definizione del problema. Questa è la fase che richiede maggior attenzione, è lì che la figura del grafico mette in campo le sue competenze. Se lavorasse collaborando con altre figure professionali, probabilmente, queste lo aiuterebbero ad analizzare e definire i problemi da altri punti di vista.
Il lavoro di gruppo è notoriamente più complesso, ma aggiunge valore e garantisce una migliore qualità alla realizzazione del progetto. Lo scambio, il confronto e la condivisione contribuiscono a far emergere dettagli e idee, soluzioni, che altrimenti non avremmo neanche immaginato. Inoltre potremmo riscontrare una riduzione dei tempi di analisi del problema. In riferimento alla fase di definizione troviamo, dall’altro lato, il committente. Egli si rivolge a noi con una richiesta, poiché riscontra delle necessità o rileva dei problemi che ritiene siano legati alla comunicazione. Diamo per scontato la validità della domanda mettendoci al lavoro. Questo processo limita il progettista a risolvere con la grafica problemi che possono essere di cause differenti, per assecondare le richieste del cliente. Viene così a perdere di valore la funzione potenziale della comunicazione visiva, che si converte in mera risolutrice. Adottare sistemi di analisi prestabiliti, non collaborare con altre figure professionali nella fase di definizione del problema, soddisfare acriticamente le richieste del cliente, sono tutte pratiche che contribuiscono alla perdita di valore della funzione della comunicazione visiva. Prendere coscienza che essa rappresenta la ragione della nostra professione è fondamentale.
Le potenzialità della grafica come supporto all’accessibilità, alle informazioni, ai servizi e agli spazi pubblici, sono sottovalutate, invece dovremmo promuoverle attraverso nuove metodologie di lavoro e di relazione.
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